Fabio Valentini, il padre del “Tennis on the beat”

Fabio Valentini è un maestro di Perugia che, con l’aiuto della psicologa Alessandra Parroni e il suo punto di riferimento, il maestro Alberto Castellani, ha studiato, analizzato e creato un nuovo metodo d’allenamento, il Tennis on the beat.Proprio loro tre stanno scrivendo un libro che conterrà tutte le informazioni necessarie per comprendere meglio questo nuovo metodo d’allenamento. In quest’intervista abbiamo parlato con il padre di questo progetto.

Tennis on the beat. Cos’è è come nasce?

Nasce da una curiosità: far apprendere il più velocemente possibile il tennis a tutti i livelli. Io sono un maestro molto attento alle capacità coordinative e ho scelto di migliorare soprattutto il ritmo cercando di capire quanto deve migliorare e dove deve migliorare. Questo è un po’ il tennis on the beat. L’acronimo più usato da noi è MRS, il “massimo ritmo sostenibile” che un giocatore può sviluppare sia in situazioni facili di gioco sia con degli spostamenti prolungati. Utilizziamo il metronomo per un tipo di allenamento che ha l’acronimo TLB, training listen beat e implica l’ascolto di musica durante l’allenamento.

L’idea è venuta da esperienze personali?

L’idea mi è venuta da una curiosità, io sono molto curioso di natura. Mi piace la musica e mi piace che la musica generi un movimento. Da questo divertimento mi sono chiesto “perché non applicarla al tennis?”. La musica nel tennis c’è da tantissimo tempo, quindi non ho scoperto niente, però tra le varie esperienze che ho fatto, ho messo insieme un po’ di studi fatti, ho sperimentato in campo quello che poteva funzionare ed è nato un metodo. Questo metodo non si apprende in poco tempo però è molto intuitivo e quindi è molto facile da allenare.

Ieri, ad esempio, abbiamo fatto degli esperimenti mentali con la dottoressa A. Parroni, sono emerse tante cose nuove che saranno oggetto di studio. Mi rafforza sempre di più l’idea che questo metodo è semplice, in 20 minuti si comprende. Anche se essere dei veri tennis on the beat player ci vogliono tante ore di allenamento alla musica applicata in campo.

Ho letto che il suo giocatore preferito era Agassi che di ritmo se ne intendeva.

Io sono nato con questo idolo. Lui era diverso dagli altri. Non era un semplice giocatore di tennis, era un clown, un attore, aveva mille personalità. Se ricordiamo come camminava tra un punto e l’altro non aveva una camminata normale, aveva un passo veloce, sembrava sempre agitato. Soprattutto ha portato delle novità nelle traiettorie e tante rotazioni che prima non esistevano. È stato il pioniere del tennis moderno. Io da ragazzino ero affascinato da lui e mi sono ritrovato recentemente a studiarlo per il metodo che utilizzo.

A livello motorio come funziona il nostro corpo con il ritmo?

I tennisti si dividono in visivi, uditivi e cinestetici. Quasi tutti sono portati ad essere cinestetici, ad “ascoltare” il corpo. Per fare questo la mente deve essere aiutata o dal visivo o dall’uditivo. Sul visivo ci stanno lavorando in tanti, ci sono grandi studi sulla percezione della palla. Io invece ho voluto provare a vedere se con il canale uditivo richiamavo delle sensazioni. È più difficile come percorso ma aiuterà in partita: quando sei in difficoltà in campo basta che richiami alla memoria una canzone e, se sei allenato, rigenera quelle sensazioni provate in allenamento e quindi torni a giocare come sai giocare. Se sai generarti con tre o quattro musiche, è logico che è più semplice. Se ha solo una musica che ti genera una sensazione, ti può aiutare una sensazione sola. Tendenzialmente adattiamo una musica in base a ciò che sai fare meglio.

Naturalmente il maestro e l’atleta crescono insieme cercando di capire dove si può migliorare e associando le musiche alla tattica di gioco e con il TLB (training listen beat) si procede fino a quando non si trovano le musiche adatte alle situazioni di gioco.

Si parte subito dai bambini con questo metodo?

Loro sono un po’ le mie cavie, sto facendo un percorso con loro. Parto dagli strumenti base che sono le nacchere, i tamburelli, per insegnargli il ritmo. Hanno iniziato a fare anche un po’ di T.L.B ma in forma molto giocosa. I bambini di 6-7 anni sono molto bravi, recepiscono molto velocemente. Il tennis on the beat dei bambini è molto leggero perché non si può fare training autogeno con le tecniche di rilassamento a bambini di 6-7 anni. Si insegna il ritmo, io utilizzo anche con loro il metronomo così quando cresceranno sarà più facile per loro comprendere questo metodo perché lo conoscono già, ci hanno già lavorato. Per loro è anche un modo di riscaldarsi divertente.

Quali sono le sensazioni delle persone che lo provano per la prima volta?

Le frasi che sento sono “è fantastico”, “è semplice”, “non pensavo di giocare così”. Tutti quelli che l’hanno provato hanno notato un miglioramento. Tennis on the beat prevede una base gioco, un saper fare. Più sei bravo tecnicamente e più si riesce a migliorare la capacità del ritmo. Nel tennis esiste un ritmo esterno che è la pallina, ma noi generiamo un ritmo interno che è il corpo, la combinazione tra i due fa la partita di tennis. Noi studiamo i ritmi interni del giocatore per poi applicarli a un mondo esterno.

Il tennis on the beat è adatto alle terze categorie e soprattutto alle seconde. Da due mesi sto collaborando con due ragazzi giovani Atp, purtroppo ora tornei non ce ne sono quindi non siamo ancora riusciti a vedere i risultati, vedremo nelle prossime settimane però le loro sensazioni sono positive.

Cercherò di divulgare questo metodo con dei corsi nel week-end, mi piacerebbe che venissero i ragazzi con i loro maestri per continuare questo lavoro nei loro circoli perché è necessario avere costanza come in tutte le cose. Ascoltare la musica è fondamentale, quando sei in difficoltà durante un match non è che puoi prendere l’iPod e ascoltarla, bisogna essere in grado di richiamarla in un secondo.

intervista fatta da Sara Montanelli
7 gennaio 2016

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